La scoperta di Gesù come nostro tesoro

Monday 6 January 2020

Lunedì 6 gennaio 2020, nella solennità dell’Epifania, l’Arcivescovo Carlo ha presieduto nel santuario mariano di Barbana la Messa in occasione dell’inaugurazione ufficiale della presenza della Comunità benedettina sull’isola della laguna di Grado.

 

Venerdì scorso sono stato a Milano per partecipare a un incontro che si è tenuto presso il museo diocesano. Al termine, con altri vescovi e sacerdoti, ho celebrato con l’arcivescovo di Milano nella antica basilica di Sant’Eustorgio.

Perché vi ricordo questo oggi solennità dell’Epifania? Perché la basilica di sant’Eustorgio contiene le reliquie dei magi. In effetti nel transetto destro c’è un’enorme sarcofago di pietra, di fattura orientale e risalente al IV secolo, che secondo la tradizione conteneva i corpi dei magi. Il sarcofago era conservato nella basilica di Santa Sofia a Costantinopoli e sarebbe stato donato da sant’Elena, madre di Costantino, al vescovo di Milano Eustorgio (Milano era allora la capitale dell’impero romano di occidente). Elena avrebbe trovato i corpi dei magi a Gerusalemme, perché essi dopo la morte di Gesù sarebbero tornati in quella città e lì sarebbero morti martiri.

Che cosa c’è di vero in questa tradizione? Da studi effettuati risulta che il sarcofago è effettivamente del IV secolo, simile ad altri che ora si trovano a Istanbul: non si capisce come mai sia finito a Milano, vista la grandezza e la difficoltà del trasporto via mare e poi via terra (sarà arrivato al porto di Aquileia? …).
Inoltre è documentato il fatto che i milanesi tenessero tantissimo a quelle reliquie e che videro come un affronto il fatto che l’imperatore Federico Barbarossa le portasse via nel 1164 come bottino di guerra, collocandole in Germania nel duomo di Colonia. Tant’è vero che per secoli reclamarono la loro restituzione, avvenuta parzialmente solo nel 1903 su insistenza dell’arcivescovo di allora, il beato card. Ferrari. Di più non riusciamo a dire.

Certo il Vangelo di Matteo non ci racconta niente né sul prima, né sul dopo l’episodio dell’adorazione dei Magi. Il fatto però che la tradizione parli di un loro venire a Gerusalemme dopo la morte e risurrezione di Gesù e il trovare lì con altri cristiani il martirio, mi pare ci trasmetta un messaggio importante. Cioè che l’incontro con il Signore, se è vero, non superficiale, vissuto in pienezza, non può non cambiare la vita, non può non condurre a diventare suoi discepoli, riconoscendo in Gesù il proprio tesoro. Sì, i Magi hanno portato i loro tesori a Gesù, ma in realtà hanno trovato lì, a Betlemme, il loro tesoro.

Sapete che Gesù parla spesso del regno di Dio utilizzando parabole e immagini. C’è una duplice parabola molto significativa che si presta molto bene a interpretare quello che è successo ai Magi. Ve la leggo: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra» (Mt 13,44-46).

I magi sono simili a questo mercante: hanno cercato, sono venuti da lontano e finalmente hanno trovato il loro tesoro, il Bambino di Betlemme. E hanno provato la stessa gioia del contadino della parabola. Il Vangelo infatti annota: «Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima». Hanno scoperto in Gesù il loro tesoro e questo – al di là di quanto ci racconta la tradizione – ha sicuramente cambiato la loro vita. Non si sono limitati a un gesto pur importante di adorazione, ma Colui che hanno adorato – il Signore Gesù – è diventato il senso della loro vita.

Che cosa ci viene chiesto allora in questa festa dell’Epifania, se non di trovare in Gesù il nostro tesoro? Purtroppo talvolta interpretiamo la fede cristiana come se fosse una religione tra le altre. Una religione che chiede nei confronti di Dio un ossequio rispettoso, la partecipazione ad alcuni riti e l’osservanza di alcune regole morali. Tutte cose che si aggiungono alla nostra vita o, anche, ne fanno parte, ma accanto a tante altre. No, la fede è la scoperta, magari dopo una lunga ricerca come quella dei magi e del mercante di perle o anche per caso come per il contadino, di Gesù come il tesoro del mio cuore. E questo cambia completamente la vita. L’adorazione che ci viene chiesta nei confronti del Signore non è allora un semplice gesto religioso, ma è il riconoscimento di Lui come il nostro tesoro.

Penso che tutti noi, che ci troviamo qui in chiesa, siamo stati battezzati da piccoli, siamo cristiani da sempre. Non è una cosa brutta, anzi. I nostri genitori, i nostri familiari, hanno ritenuto una realtà importante la fede cristiana e ce l’hanno trasmessa fin da quando eravamo bambini. C’è però un aspetto se non negativo, almeno problematico. Ed è il fatto che così per noi la fede è diventata un dato acquisito, una realtà ovvia e non il frutto di una scoperta o di una ricerca. Dirò di più – e perdonate l’esagerazione – il rischio è che chi è stato battezzato da piccolo e sia cresciuto nell’ovvietà della fede, non abbia mai incontrato davvero il Signore. Sono troppo drastico? Può essere, ma guardate che è così. Molti cristiani, soprattutto quelli che vivono la fede in modo molto saltuario e superficiale, ma forse anche alcuni o persino tanti di quelli che vengono in chiesa, che partecipano alla vita della parrocchia, che si danno da fare… non hanno mai incontrato davvero Gesù, non hanno scoperto che Lui è il tesoro della loro vita.

Questo ha delle conseguenze molto concrete e pesanti. Per esempio sulla crisi delle comunità cristiane, delle vocazioni, della missionarietà. Il papa ha un bel dire che bisogna testimoniare Gesù, ma se tu non lo hai mai incontrato, se non è il tesoro della tua vita, per quale motivo dovresti proporlo agli altri? E se Gesù non è il tesoro della tua vita, è ovvio che non ti passa neppure per la testa di pregare perché tuo figlio o tuo nipote diventi prete o missionario o tua figlia o tua nipote si consacri al Signore (ovviamente se questa è la volontà di Dio). E se la comunità cristiana non è costituita da persone che hanno incontrato il Signore, è chiaro che non può essere niente di più di un’istituzione benefica o di una pro loco.

Oggi prende inizio in questo santuario, così caro non solo alla gente di Grado ma a tutta la nostra diocesi e alle comunità cristiane delle diocesi vicine, la presenza di una comunità benedettina. Ringraziamo i monaci per la loro disponibilità a trasferirsi in una realtà nuova, continuando il servizio dei frati francescani che prima di loro hanno animato questo santuario dedicato a Maria. La vocazione dei monaci, rispetto ad altre, ha la caratteristica specifica di essere contemplativa. La prima cosa che viene chiesta loro non è tanto la custodia del santuario, l’accoglienza dei pellegrini, l’animazione della preghiera, ma di essere qui ad adorare il Signore, a mettere Lui prima di tutto. Più volte san Benedetto nella sua regola afferma: «niente anteporre all’amore di Cristo» (4,21) o ancora, i monaci «nulla, assolutamente nulla, antepongano all’amore di Cristo» (72,2) e «per loro, non considerano nulla più caro di Cristo» (5,2).

Venendo qui, noi che viviamo nelle città e nei paesi spesso travolti dagli impegni della vita quotidiana e distratti da mille cose, dovremmo imparare, sotto lo sguardo di Maria, e grazie alla testimonianza dei monaci benedettini, a nulla anteporre a Gesù, a non avere nulla di più caro di Lui. Dovremmo scoprire che quel Bambino che Maria offre alla nostra adorazione, come ha fatto nei confronti dei magi, è davvero il nostro tesoro. E allora ripartiremo da qui certamente cambiati. Questa è la prima grazia da chiedere all’intercessione di Maria e oggi all’intercessione dei santi magi: la fede, la fede come scoperta gioiosa del Signore come il nostro tesoro.

Maria benedica allora l’inizio di questa nuova comunità monastica, aiuti i monaci a essere anzitutto testimonianza per noi del primato di Cristo, e benedica tutti noi affinché a ciascuno sia donata una stella, che ci guidi alla scoperta del Signore come nostro tesoro.

+ vescovo Carlo