Il presepio 20 anni dopo

Thursday 23 December 2021

Attraverso il settimanale diocesano Voce Isontina, l’arcivescovo Carlo ha rivolto il tradizionale messaggio natalizio alla Chiesa di Gorizia.

Mi è capitato di vedere nei giorni scorsi un presepio un po’ particolare. Presentava a grandezza naturale san Giuseppe intento al lavoro al banco di falegname e sullo sfondo un piccolo presepe tradizionale – la capanna, il Bambino, Maria, Giuseppe, l’asino, il bue, un paio di angeli e di pastori – con una scritta: il mistero del Natale illumina la casa di Nazaret.

Un presepio molto interessante che ci porta – possiamo immaginare – a 20 anni dopo l’evento di Betlemme nella casa di Nazaret. Gesù è ormai un giovane uomo di 20 anni, che lavora con il padre nella bottega di falegname. È diventato un maestro del mestiere. Le sue mani esperte sanno riconoscere il legno con le sue venature e i suoi nodi, tagliarlo per il verso giusto, utilizzarlo per produrre oggetti per la casa e il lavoro. Vive con i suoi genitori, ma ha amici e amiche nel villaggio, un tempo compagni di giochi (quando con laro giocava alle nozze o al funerale, imitando, come tutti i bambini, i gesti dei grandi). Per un certo tempo è stato chiamato con il padre a lavorare alla costruzione della città di Seffori, a qualche chilometro da Nazaret (un’ora a piedi), una città ellenistica con una forte impronta internazionale. Forse lì ha imparato il greco koinè, una specie di lingua franca usata allora in tutto il bacino del Mediterraneo. E comunque Erode Antipa, che stava costruendo la città, pagava bene. Gesù partecipa alle feste e ai lutti della gente del paese. Frequenta ogni sabato la sinagoga, dove ha imparato a leggere la Scrittura e spesso affidano a lui la lettura e il commento delle pagine dei profeti. Con i suoi, i familiari e alcuni compaesani si reca regolarmente alle feste a Gerusalemme. Una vita normale, quella di Gesù, come quella di tanti paesani di Nazaret.

Che cosa è restato del Natale? Degli angeli, della stella, dei pastori, …? I pastori non si sono più visti? Certo Nazaret è distante da Betlemme e anche se i pastori sono nomadi, difficilmente si spostano con i loro greggi dalle montagne della Giudea per venire nelle pianure della Galilea. E i magi con i loro doni? Sono tornati nelle loro lontane terre d’oriente e non si sono più visti; forse Giuseppe ha venduto i loro doni per pagare la fuga e l’esilio in Egitto. Gesù ha parlato di sé, del suo mistero di Figlio e del suo rapporto con il Padre solo a Gerusalemme nel tempio a 12 anni e poi il silenzio.

Non è rimasto più niente del Natale negli anni fin troppo normali di Nazaret? Penso di no. Sicuramente il Natale, con il suo mistero e la sua gioia, è restato nel cuore di Maria e di Giuseppe e dello stesso Gesù: un’esperienza di luce e di rivelazione che ha illuminato la vita quotidiana di Nazaret e ne ha dato un senso che solo la Pasqua svelerà in pienezza.

Che cosa resterà del nostro Natale tra 20 giorni, di questo Natale ancora in tempo di pandemia, ma comunque nonostante tutto Natale? Forse niente, una volta spente le luminarie, smontato il presepe e tolti gli addobbi dall’albero di Natale? O forse no: resterà una gioia profonda nonostante tutto, una luce interiore ma non meno vera della stella dei Magi. Una luce chiamata a illuminare e svelare il senso dei giorni normali. Un senso che è una presenza: l’Emmanuele, il Dio con noi, il Verbo di Dio che si è fatto carne ed è venuto ad abitare con noi. Non siamo più soli, il Signore non ci abbandona e conosce la nostra umanità. Lui che ha un cuore di uomo, che ha provato le nostre stesse emozioni, avuto i nostri sogni, sperimentato il nostro lavoro e le nostre fatiche, amato le persone, ammirato i gigli dei campi e le messi biondeggianti, … E ora, risorto e glorificato, non ha smesso di essere uomo, uno di noi. Per questo se Lui è sempre con noi, ogni giorno è un po’ sempre Natale. E non importa se siamo al lavoro a un tavolo di falegname o in smart working davanti a un computer, o in una fabbrica, in una scuola o in un cantiere: Lui è con noi sempre. E neppure se viviamo in una famiglia serena o in situazioni di tensioni e difficoltà: Lui è con noi sempre. E se siamo in salute o provati dalla malattia e dalla disabilità: Lui è con noi sempre.

Buon Natale allora a tutti il prossimo 25 dicembre, ma anche 20 giorni dopo e sempre perché il Signore è il Dio con noi.

Buon Natale, Vesel Božič, Bon Nadâl.

+ Carlo Roberto Maria Redaelli, arcivescovo