L’arcivescovo ha presieduto la processione del Corpus Domini

Friday 27 May 2016

L’arcivescovo Carlo ha presieduto giovedì 26 maggio la tradizionale processione a Gorizia in occasione del Corpus Domini. Dopo la messa celebrata nella chiesa dei Cappuccini, il corteo teoforico ha raggiunto il duomo. Pubblichiamo di seguito l’omelia pronunciata dal vescovo Carlo.

Celebriamo oggi la solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo. Una festa che ci ripropone ogni anno una specifica attenzione all’Eucaristia. Ne abbiamo bisogno perché la ripetizione della partecipazione ogni domenica e, per qualcuno, anche ogni giorno, alla celebrazione della Messa, può condurre a volte a smarrirne un po’ il senso.

Le tre letture di stasera lo precisano con efficacia in pochi versetti. Riflettendo su questi brani, mi è sorto però il desiderio di riprendere in mano la recente esortazione di papa Francesco  Amoris laetitia, per cercare i passi dove si parla dell’Eucaristia. Mi sono pertanto accorto che si possono facilmente ricollegare alle tre letture offerteci oggi dalla liturgia.

La prima lettura ci invita a vedere l’Eucaristia preannunciata dagli antichi riti, in particolare da quello compiuto da un personaggio misterioso, Melchisedech, definito «sacerdote del Dio altissimo». Egli offre a Dio pane e vino e da questa offerta nasce la benedizione rivolta ad Abramo e a Dio: «Sia benedetto Abram dal Dio altissimo, creatore del cielo e della terra, e benedetto sia il Dio altissimo, che ti ha messo in mano i tuoi nemici». Viene quindi evidenziato un legame tra l’offerta a Dio e la sua benedizione verso di noi, un’alleanza che si compie tra Dio e noi.

Nella esortazione di papa Francesco si afferma: «Gesù bussa alla porta della famiglia per condividere con essa la Cena eucaristica (cfr Ap 3,20). Là, gli sposi possono sempre sigillare l’alleanza pasquale che li ha uniti e che riflette l’Alleanza che Dio ha sigillato con l’umanità sulla Croce. L’Eucaristia è il sacramento della Nuova Alleanza in cui si attualizza l’azione redentrice di Cristo (cfr Lc 22,20). Così si notano i legami profondi che esistono tra la vita coniugale e l’Eucaristia» (n. 318).

La seconda lettura ricollega il dono dell’Eucaristia all’ultima cena e alla croce e lo apre all’orizzonte futuro. La celebrazione eucaristica si pone quindi tra la Pasqua di duemila anni fa e la Pasqua definitiva, quando la nostra comunione con Gesù non sarà più mediata dai sacramenti. Quanto scritto da Paolo nella prima lettera ai Corinti è il più antico racconto dell’Eucaristia, precedente quello contenuto nei tre vangeli di Marco, Matteo e Luca. La cosa interessante da notare è il perché Paolo senta la necessità di ricordare alla Chiesa di Corinto quanto compiuto da Gesù «nella notte in cui veniva tradito». Non si trattava di insegnare loro qualcosa, perché già conoscevano e celebravano l’Eucaristia, ma di invitare a celebrarla in modo corretto, affermando – ed è il versetto immediatamente seguente a quello che abbiamo ascoltato – che «chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore».

Questo passo è stato spesso letto come richiamo a partecipare alla Eucaristia in modo degno, cioè in grazia di Dio. In realtà l’indegnità presente nella comunità di Corinto non era costituita dal fatto che qualcuno riceveva la Comunione senza essersi confessato, quanto piuttosto la scandalosa divisione nella comunità tra ricchi e poveri, con il disprezzo verso questi ultimi.

Papa Francesco riprende questa lettura corretta del passo di Paolo e la applica alla famiglia. Afferma il papa: «è opportuno prendere molto sul serio un testo biblico che si è soliti interpretare fuori del suo contesto, o in una maniera molto generale, per cui si può disattendere il suo significato più immediato e diretto, che è marcatamente sociale. Si tratta di 1 Cor 11,17-34, dove san Paolo affronta una situazione vergognosa della comunità. In quel contesto alcune persone abbienti tendevano a discriminare quelle povere, e questo si verificava persino nell’incontro conviviale che accompagnava la celebrazione dell’Eucaristia. Mentre i ricchi godevano dei loro cibi prelibati, i poveri facevano da spettatori ed erano affamati […]. L’Eucaristia esige l’integrazione nell’unico corpo ecclesiale. Chi si accosta al Corpo e al Sangue di Cristo non può nello stesso tempo offendere quel medesimo Corpo operando scandalose divisioni e discriminazioni tra le sue membra. Si tratta infatti di “discernere” il Corpo del Signore, di riconoscerlo con fede e carità sia nei segni sacramentali sia nella comunità, altrimenti si mangia e si beve la propria condanna (cfr v. 29)». E poi papa Francesco applica tutto questo alla famiglia: «Questo testo biblico è un serio avvertimento per le famiglie che si richiudono nella loro propria comodità e si isolano, ma più specificamente per le famiglie che restano indifferenti davanti alle sofferenze delle famiglie povere e più bisognose. La celebrazione eucaristica diventa così un costante appello rivolto a ciascuno perché “esamini se stesso” (v. 28) al fine di aprire le porte della propria famiglia ad una maggior comunione con coloro che sono scartati dalla società e dunque ricevere davvero il Sacramento dell’amore eucaristico che fa di noi un solo corpo. Non bisogna dimenticare che “la mistica del Sacramento ha un carattere sociale”. Quando coloro che si comunicano non accettano di lasciarsi spingere verso un impegno con i poveri e i sofferenti o acconsentono a diverse forme di divisione, di disprezzo e di ingiustizia, l’Eucaristia è ricevuta indegnamente. Invece, le famiglie che si nutrono dell’Eucaristia con la giusta disposizione, rafforzano il loro desiderio di fraternità, il loro senso sociale e il loro impegno con i bisognosi» (nn. 185-186).

Infine concludo riferendomi al Vangelo, che ribadisce l’aspetto di cibo, di nutrimento dell’Eucaristia con il segno della moltiplicazione dei pani e dei pesci per tutta la folla: «Tutti mangiarono a sazietà». L’Eucaristia è cibo che ci sostiene nel nostro non facile cammino sia ciascuno di noi come singolo, sia di ogni famiglia: «Il nutrimento dell’Eucaristia è forza e stimolo per vivere ogni giorno l’alleanza matrimoniale come “Chiesa domestica”» (n. 318), dice papa Francesco nella Amoris laetitia. Nello stesso documento il papa, rinviando a quanto scritto nella Evangelii gaudium, ricorda che «l’Eucaristia  non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli» (EG n. 47). Il premio lo avremo – speriamo – in paradiso e non sarà l’Eucaristia ma la comunione immediata con Gesù. Qui abbiamo bisogno di nutrirci del suo Corpo e del suo Sangue. Naturalmente non in modo ritualistico, superficiale, emozionale, quasi magico e non con una vita palesemente e volutamente contraria al Vangelo. No, l’Eucaristia è qualcosa di vero e di autentico, è la comunione con il Signore che ci rende suo Corpo nella Chiesa. Certo, prima di ricevere la Comunione non facciamo finta di dire “Signore, non sono degno…”. Perché noi non siamo mai degni davanti al Signore o, meglio, siamo degni di una sola cosa, per nostra fortuna: della sua misericordia.

Per questo è molto significativo che la processione, che compiremo fra breve come un naturale prolungamento della celebrazione eucaristica, abbia come meta l’ingresso nella porta della misericordia della nostra cattedrale. Una porta aperta che simboleggia le braccia di un Padre misericordioso che ci accoglie e, anzi, ci cerca. Un Padre che ci ha donato suo Figlio, che si fa nostro cibo, e che ci dona lo Spirito di amore e di pace.

† Vescovo Carlo