Lazzaro ci assomiglia!

Sunday 29 March 2020

Domenica 29 marzo, quinta di Quaresima, l’arcivescovo Carlo ha presieduto la messa in cattedrale. Il rito, a porte chiuse, è stato trasmesso in diretta streaming sul canale YouTube e sulla pagina Facebook dell’Arcidiocesi.

Questa di seguito l’omelia pronunciata da mons. Redaelli.

Il Vangelo di oggi ha come protagonista Lazzaro. Un protagonista un po’ particolare e non solo in questo brano. Di lui non si riporta né una parola né un gesto, diversamente di ciò che succede per le sue due sorelle: Marta e Maria. Di esse si parla anche nel Vangelo di Luca, nel noto e per certi versi simpatico episodio di Marta che se la prende con Gesù perché sua sorella non la aiuta nei molti servizi necessari per accogliere degnamente il Maestro e i suoi discepoli, ma se ne sta lì ai piedi di Gesù per ascoltare la sua parola. Luca in quel brano non cita neppure il nome di Lazzaro.

Nel Vangelo di Giovanni si parla di Lazzaro nel passo che abbiamo appena ascoltato, ma anche nel capitolo successivo. Nel brano di oggi si cita sette volte il suo nome, ma solo per dire che è malato, che è addormentato, che è morto. Quando esce dalla tomba non si usa neppure il suo nome, ma si dice: «Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: “Liberàtelo e lasciàtelo andare”». Anche da risorto potremmo dire che è totalmente passivo. Nel capitolo seguente del vangelo di Giovanni viene ricordato un grande banchetto con Gesù a Betania nella casa di Marta, Maria e Lazzaro, ma in questo caso Maria è la protagonista con il profumo che sparge sui piedi di Gesù; di Marta si dice che serviva; di Lazzaro solo che «era uno dei commensali» (Gv 12,2). Niente di più: neppure si dice che era lui ad ospitare Gesù.

Lazzaro che non parla e non agisce, totalmente passivo. Ci assomiglia. Anche noi oggi siamo senza parole, ammutoliti da quello che improvvisamente ci è successo, anzi sta succedendo a tutta l’umanità. Anche noi siamo bloccati, ristretti nelle nostre case e chiusi nelle paure e nelle preoccupazioni che abbiamo nel cuore.

Simili a Lazzaro che probabilmente, quando era caduto malato, aveva sperato in Gesù: “Gli sono amico, verrà certo a guarirmi! Quante volte lo abbiamo ospitato qui nella nostra grande casa di Betania con tutti suoi discepoli quando veniva dalla Galilea per partecipare alle feste nella vicina Gerusalemme. Quanti dialoghi, quanto ragionare sul regno di Dio che viene, quante domande per chiedergli di spiegarci le parabole,… E poi Lui guarisce sempre: lo ha fatto anche qui a Gerusalemme con il cieco nato… Le mie sorelle lo chiameranno e lui verrà. Sono sicuro che non si lascerà bloccare dalle minacce di chi a Gerusalemme vuole ucciderlo…”.

Parole simili a quelle che tante persone oggi stanno rivolgendo al Signore pregando per sé e per parenti, amici, conoscenti gravemente ammalati. Ma il Signore sembra non accorgersi della tempesta dalle cui onde siamo violentemente sballottati: lo ha ricordato anche papa Francesco l’altra sera. Il Signore non accorre al nostro capezzale come non è andato al capezzale di lazzaro. Viene dopo e si commuove fino al pianto, ma perché non prima?

Marta e Maria anche se rimproverano Gesù – «Se tu fosti stato qui, mio fratello non sarebbe morto…», dicono entrambe – hanno però fede, fede nella risurrezione finale. Una fede in una realtà che però è lontana, un qualcosa che scavalca la morte dopo averla accettata in modo rassegnato, ma non la spiega. Gesù accoglie questa fede, ma non gli basta. Sa che per noi non può essere sufficiente credere genericamente in un aldilà, in un’immortalità dell’anima, in una risurrezione alla fine. Sa che noi troviamo la vita solo quando troviamo il Dio della vita. Non una generica risurrezione, ma Lui che è «la risurrezione e la vita» e ciò che ci può dare vera speranza. La risurrezione di Lazzaro vuole dirci questo. Se oggi andiamo a Betania non troviamo Lazzaro: anche lui, risuscitato da Gesù, è poi morto un’altra volta. Ma lui è diventato un segno, il segno che Gesù è la nostra vita e la nostra risurrezione.

Come lo è? Non da lontano, ma partecipando profondamente alla nostra umanità. Il Vangelo nota i sentimenti tremendamente umani di Gesù. Si dice che «si commosse profondamente», che fu «molto turbato», che «scoppiò in pianto». Il suo affidarsi al Padre, il suo sapere che comunque il Padre lo ascolta, non cancella la fatica, lo smarrimento e il dolore davanti alla morte. Gesù però non si limita a partecipare profondamente alla nostra umanità ferita. Fa molto di più. Il brano di Vangelo di oggi si conclude con l’annotazione: «Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui». Lieto fine? No, in realtà il Vangelo continua, non si tronca a quel versetto. Vi leggo come prosegue: «Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto. Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio…» e al termine della loro discussione la conclusione è chiara: «Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo». La risurrezione di Lazzaro costa quindi a Gesù la sua condanna a morte.

Gesù è realmente per noi risurrezione e vita non solo perché partecipa pienamente alla nostra umanità, ma perché muore per noi sulla croce e risorge per noi. E prima della morte – lo sappiamo e lo contempleremo nei prossimi giorni – anche lui ha provato paura e angoscia e ha cercato invano per ben tre volte la vicinanza degli amici, trovati sempre addormentati. La malattia, la morte e la risurrezione di Lazzaro sono quindi solo segno dell’essere Gesù per noi risurrezione e vita, attraverso la sua partecipazione alle nostre sofferenze, alle nostre angosce, alla nostra solitudine, alla nostra morte, ma per farci entrare nella sua risurrezione.

E’ il mistero della Pasqua. Un mistero più da contemplare, che da spiegare. Da contemplare e da fare nostro, con la grazia dello Spirito. Perché è lo Spirito che fa risorgere e sorregge la nostra fede. «Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete», ha detto il profeta nella prima lettura. E Paolo con ancora maggiore forza proclama: «Se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi».

Donaci oggi il tuo Spirito, Signore della vita. Sostieni la nostra debolezza. Vinci le nostre paure: Tu sei risurrezione e vita, noi crediamo in Te.

+ vescovo Carlo