L’incontro con le donne lungo la Via Crucis

Sunday 10 April 2022

Domenica 10 aprile 2022, l’arcivescovo Carlo ha presieduto in S, Ignazio la messa nella Domenica delle Palme pronunciando la seguente omelia.

La liturgia ci ha fatto ascoltare quest’oggi la passione secondo il Vangelo di Luca, il Vangelo che ci sta accompagnando lungo quest’anno. Sappiamo che soprattutto in riferimento alla narrazione della passione e morte di Gesù c’è una grande consonanza tra i quattro Vangeli, anche se ogni evangelista ha sottolineature specifiche che ci permettono una contemplazione ancora più profonda del mistero pasquale. Anch’io vorrei con voi quest’oggi con l’aiuto dell’evangelista Luca guardare alla passione di Gesù sotto un profilo del tutto particolare.

Riflettendo sulla passione presentata dall’evangelista Luca, mi sono domandato dove si colloca in essa Maria, la madre di Gesù. La domanda non è fuori luogo, perché – lo sappiamo – c’è uno specifico legame tra Luca e Maria. Un legame che la tradizione, tra l’altro, ha sottolineato attribuendo a Luca, vedendolo non più solo come medico – così lo definisce san Paolo in una sua lettera – ma come pittore e pittore della Madonna. Al di là del dato della tradizione è evidente che l’evangelista, il quale nella prefazione del suo Vangelo ci dice di avere fatto accurate ricerche su ciò che sta per descrivere circa Gesù, abbia colto se non da Maria, almeno da persone che le erano state vicine, le notizie sulla nascita e l’infanzia del Signore.

Nella passione secondo Luca, però, non si parla di Maria. La cosa può stupire, perché c’è un evangelista che ne parla e anzi le dà un ruolo fondamentale, Giovanni, che colloca Maria sotto la croce di Gesù. A lei il Crocifisso, vedendola insieme al discepolo amato, rivolge quelle parole che ben conosciamo: «Donna ecco tuo figlio» e al discepolo: «ecco tua madre» (Gv 19,26-27).

Forse si potrebbe spiegare l’assenza di riferimenti a Maria nel racconto di Luca come una precisa scelta dell’evangelista, che le ha dato un grande rilievo nei racconti dell’infanzia e poi non ha più voluto evidenziare la sua presenza. La cosa però non convince perché lo stesso evangelista, che sappiamo essere anche l’autore degli Atti degli apostoli, parla di Maria proprio all’inizio del suo secondo libro. Anche questo lo ricordiamo tutti: Maria è tra coloro che attendono in preghiera il dono dello Spirito Santo promesso dal Risorto. Luca ne parla però non collocando Maria in mezzo agli apostoli – come di solito viene rappresentata nelle raffigurazioni della Pentecoste – ma tra le donne. Maria è una delle donne credenti, discepole di Gesù.

Proprio partendo da questo e sperando di non fare nessuna forzatura esegetica, mi sembra possibile vedere una presenza di Maria in quelle donne di Gerusalemme che Gesù incontra lungo la sua via crucis. Un incontro che solo l’evangelista Luca riporta. Vorrei soffermarmi con voi su questo episodio della passione. Si tratta di un breve passo non facile da interpretare perché ricchissimo di reminiscenze bibliche. Lo si può capire solo alla luce di esse.

Luca racconta anzitutto: «Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui». L’evangelista ci tiene a sottolineare che il popolo non è contro Gesù, lo sono i capi, ma non la gente di Gerusalemme. E all’interno del popolo ecco in particolare le donne.

Di solito, come è purtroppo comprensibile, i condannati a morte che passavano per le strade di Gerusalemme per venire portati alla crocifissione veniva insultati e ingiuriati dalla folla. Qui invece le donne anticipano per così dire il funerale di Gesù, facendo i lamenti e vivendo quegli atteggiamenti che erano allora tradizionali (e lo sono ancora oggi in alcuni contesti culturali) per esprimere il lutto. Un atteggiamento di compassione, che è il tipico atteggiamento di Dio e di Gesù stesso. Proprio mentre stava per entrare in Gerusalemme scendendo dal monte degli ulivi, Gesù, infatti, si era fermato a contemplare la sua città e a piangere per essa. Invita ora le donne a non piangere per lui, ma per se stesse, per i loro figli, per la città, per l’intera umanità: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli».

Questo invito di Gesù alle donne è stato ed è certamente accolto anche da Maria. Noi di solito pensiamo alla Madonna in riferimento alla passione come l’Addolorata, Colei che piange per suo figlio e per come lo abbiamo trattato noi a causa dei nostri peccati. La contemplazione dell’Addolorata diventerebbe quindi per noi occasione di pentirci.

Si tratta di una prospettiva corretta, ma penso che quella più vera e più corrispondente alla parola di Gesù sia quella di vedere Maria che piange con suo Figlio per noi. La Madonna è addolorata, ma per noi, piange per noi, per l’intera umanità, perché scegliamo la guerra, l’ingiustizia, la morte, il peccato. Maria, madre di misericordia – può sembrare paradossale ma sono convinto che sia vero – piange più per gli uccisori che per le vittime. Perché odiare gli altri, offenderli, condannarli, ucciderli è in realtà odiare e uccidere noi stessi, andare contro quello che siamo e dovremmo essere: figli e figlie di Dio, creati per amare.

Gesù poi esprime una strana beatitudine: «Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato». Una beatitudine che è esattamente il contrario dell’elogio di Maria fatto un giorno da una donna entusiasta di Gesù: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!». Gesù l’aveva in qualche modo corretta, sicuramente pensando alla vera beatitudine di sua madre: «Ma egli disse: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!”» (Lc 11,27-28).

Sembra che con le donne sulla via del Calvario Gesù affermi che è meglio essere sterili piuttosto che generare figli destinati a compiere il male. Ed è così. Però Gesù, il Benedetto è diventato sulla croce il maledetto – come afferma Paolo in una sua lettera – trasformando così in benedetti coloro che vivono la maledizione del male. La sterilità che nella Bibbia era considerata una maledizione, ma che era vinta talvolta dall’intervento di Dio, diventa ora benedizione perché il Benedetto diventa il maledetto. Anche la verginità era considerata un disvalore e Maria vergine per grazia diventa madre, madre di colui che dà la vita proprio morendo sulla croce. Per questo Lei è madre dell’intera umanità e non solo dei buoni.

C’è infine l’accenno al legno verde contrapposto a quello secco. Dice Gesù alle donne: «Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?». Gesù è il legno verde vivo, ma è paradossalmente destinato alla morte, quello secco è già morto e sembra destinato al fuoco. Invece troverà nuova vita, come già annunciato dal profeta Ezechiele: «io sono il Signore, che faccio seccare l’albero verde e germogliare l’albero secco. Io, il Signore, ho parlato e lo farò» (Ez 17,24). Maria lo sa e per questo è per noi Madre di speranza.

Chiediamole in questo inizio della settimana santa di vivere il mistero della Pasqua sentendola vicina a noi e all’intera umanità, come madre addolorata che piange per noi e per il nostro male, come madre di colui che si è fatto maledizione per renderci benedetti, come madre di colui che sa trasformare la nostra sterilità, il nostro essere morti in una nuova vita, in una primavera di pace e di giustizia.

       + vescovo Carlo

 

(foto Sergio Marini)