Quando capiremo che il Signore vuole bene persino ai nostri peccati?

Friday 25 March 2016

La sera del Giocedi Santo – 24 marzo 2016 – l’arcivescovo Carlo ha presieduto in cattedrale la Messa in Coena Domini. Nel corso della liturgia il presule ha ripetuto il rito della lavanda dei piedi ad un gruppo di fedeli della parrocchia del duomo. Questo il testo dell’omelia  pronunciata nell’occasione da mons. Redaelli. 

«Signore, tu lavi i piedi a me?». «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Perché non farsi lavare i piedi dal Signore? Per vergogna? Per imbarazzo? No, semplicemente perché se il Signore è il Signore deve comportarsi da Signore. E il Signore non può identificarsi con uno schiavo, con chi era incaricato di lavare i piedi a gente che girava senza calze né scarpe per strade piene di polvere e di fango. Il Signore deve restare tale: questo ci dà sicurezza e tranquillità perché così sappiamo come trattarlo, quali rapporti avere con Lui, essere quindi rispettosi e ossequiosi nei suoi confronti e nulla più. Un Signore che si mette alla pari di noi, anzi si mette sotto di noi, appunto come uno schiavo, sconvolge i nostri schemi, ci mette in difficoltà. Soprattutto ci chiama in causa. Un Signore che fa il Signore sappiamo come trattarlo e poi tutto finisce lì. E’ come relazionarci con un superiore, un capo, un datore di lavoro: correttezza, educazione, cordialità ma fino a un certo punto. Lui poi a casa sua, io a casa mia: mica dobbiamo essere amici… Così con Dio: lo rispetto, lo prego, cerco di obbedirlo ed è finita lì. Poi per il resto faccio io…
Ma se il Signore si fa tuo servo, fa saltare tutti gli schemi, tutte le sicurezze, tutti i meccanismi. Se poi – e lo dice in particolare nella parabola del giudizio finale – si identifica con l’affamato, l’assetato, lo straniero, l’ignudo, il carcerato, il malato, insomma con qualcuno che ha bisogno e si rivolge proprio a te, i conti proprio non tornano.
Quella sera a Gerusalemme nel cenacolo è successo proprio questo. E Pietro si è trovato in difficoltà. Alla fine si è anche lasciato lavare i piedi, ma senza capire. Del resto glielo aveva appena detto il Signore: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Pietro per ora non può capire, come non può comprendere che proprio lui rinnegherà il Signore, mettendosi sulle stesso piano di Giuda, il traditore. Ha un bel dire – lo racconta qualche versetto dopo il Vangelo di Giovanni – «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!». Ma Gesù con molto realismo deve rispondergli: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità io ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte» (Gv 13,37-38).
Quante cose Pietro deve capire: che Gesù è il Signore, ma un Signore che si fa servo; che è il re, ma verrà inchiodato come uno schiavo ribelle a una croce; che lui Pietro non è meglio di Giuda e di nessun altro, che la sua chiamata è solo grazia e che non lui darà la vita per Gesù, ma il Signore darà la vita per lui come per tutti. Pietro non ha ancora capito che tutto ciò ha una sola spiegazione, quella che l’evangelista Giovanni esplicita all’inizio del brano di stasera svelando che cosa il Signore ha nel cuore: «Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto». Gesù sa che ha ricevuto tutto dal Padre e sa che può dare tutto per amore, ora facendosi servo, lavando i piedi ai discepoli, e l’indomani facendosi maledetto come colui che è inchiodato alla croce.
Pietro non ha ancora capito l’amore di Dio, l’amore che guida il Figlio di Dio, Gesù, il suo Maestro. Lo capirà dopo la Pasqua quando per ben tre volte gli verrà chiesto dal Signore: “Mi ami tu?” e solo la terza volta darà la risposta giusta, non quella di chi è sicuro di sé, ma di chi sa che tutto gli viene dal Signore: «Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: “Mi vuoi bene?”, e gli disse: “Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene”» (Gv 21,17). E il Signore gli affida la sua Chiesa come pastore: ora può farlo perché Pietro ha capito l’amore di Gesù e ha compreso che deve diventare il suo, non perché lui è bravo e santo – è un peccatore come gli altri e, anzi, per tre volte ha rinnegato Gesù –, ma perché si apre all’amore di Dio.
Fin qui Pietro, e noi? Qual è la nostra obiezione al Signore? In che cosa consiste il nostro non voler lasciarsi lavare i piedi da Lui? Forse nel non volere che Lui ci perdoni. Non è facile perdonare, ma ancora più difficile ricevere il perdono: ci dà fastidio, perché dobbiamo riconoscerci limitati, fragili, peccatori. Il che non è certo simpatico. Ma forse il perdono alla fine lo accettiamo anche. Non accettiamo, invece, che sia il Signore ad agire in noi, che sia Lui a condurre il nostro cammino di conversione. Magari ci confessiamo, ma con la speranza – illusoria – o almeno con il desiderio di non aver più bisogno della confessione o di andarvi solo per dire che finalmente sono a posto, ho sconfitto per sempre i miei peccati e le mie debolezze. E, soprattutto, pensiamo che spetti a noi impegnarci, convertirci, migliorare: “Grazie, Signore. Faccio io. Tu la tua parte l’hai fatta, adesso tocca a me. Tu fai il Signore, che al resto ci penso io”.
Chissà quando capiremo che tutto è misericordia, che tutto è grazia, che il Signore fa il Signore amando e perdonando, che è Lui e non noi Colui che guida con il suo Spirito il nostro cammino di conversione… Chissà quando capiremo che il Signore vuole bene persino ai nostri peccati, ai nostri rinnegamenti, che li permette non per umiliarci ma perché finalmente ci convertiamo all’amore, al suo amore, non dando più spazio al nostro istinto di onnipotenza, alle nostre sicurezze, al nostro orgoglio, alle nostre pretese di santità…
C’è una grazia da chiedere in questa Pasqua: non di avere i piedi puliti e profumati, non di essere finalmente bravi e perfetti, ma di avere i piedi sporchi e feriti, il cuore anche pieno di peccati ma per lasciarci amare da Lui, purificare dalla sua misericordia e farci guidare finalmente dal suo amore.

† Vescovo Carlo