Ringraziamo Dio perchè è Dio e ci ha salvati

Saturday 1 January 2022

Nell’ultimo giorno dell’anno civile. Il 31 dicembre 2021, l’arcivescovo Carlo ha presieduto la liturgia eucaristica nella chiesa di S. Ignazio a Gorizia. Il rito si è concluso con il tradizionale canto del Te Deum.

Ci troviamo questa sera al temine di un anno non facile per ringraziare il Signore. Canteremo per questo il tradizionale Te Deum. Che cosa significa però ringraziare e ringraziare per un anno di vita che, pur con tutte le sue traversie, è stato comunque, appunto, un anno della nostra esistenza?

Penso che un primo significato venga da ciò che il ringraziamento presuppone, cioè accogliere, accettare il tempo trascorso. Anzi, prima ancora, prendere coscienza del tempo vissuto. Il rischio che tutti corriamo in questo mondo così frenetico è che il tempo passi senza che ne abbiamo vera consapevolezza: giorni dopo giorni, settimane dopo settimane, mesi dopo mesi, anni dopo anni senza quasi accorgersene se non per i cambiamenti del nostro fisico, il venire meno di relazioni, i mutamenti del mondo che ci circonda. E così lasciamo scivolare via su di noi il tempo, come acqua che scorre sopra un sasso, che resta sempre uguale o forse solo un po’ più levigato.

Immagino che capiti anche voi di andare a letto alla sera senza avere neppure un mezzo minuto non dico di preghiera, ma di ripensamento della giornata. È tutto diverso da quando si ha invece la possibilità e la decisione di prendersi qualche momento per raccogliere, magari nella preghiera, la giornata trascorsa. Nel primo caso il giorno è passato senza che ce ne accorgessimo, nel secondo caso lo abbiamo accolto, lo abbiamo fatto nostro.

Ecco, questa sera, dobbiamo anzitutto davanti al Signore accogliere l’anno 2021 che oggi si chiude, farlo consapevolmente nostro. Lo facciamo nella modalità del ringraziamento. Potremmo farlo nella modalità della lamentela e della recriminazione: e ce ne sarebbe motivo. Ma così il tempo sarebbe rifiutato e non accolto. Ed è saggio buttare via un anno della nostra vita? Più ancora sarebbe messo in stato di accusa, se non rifiutato, chi ce lo ha donato e che è capace di dare un senso di salvezza anche a ciò che a noi sembra male o comunque non riuscito.

Ringraziare per un anno non facile, non significa però essere degli inguaribili ottimisti, degli ingenui, degli sprovveduti. Vuol dire appunto riconoscergli in ogni caso un valore di salvezza. Perché anche quest’anno, come tutti gli anni, è stato, come si diceva una volta, annum Domini. Anno del Signore, dove Lui ci ha amato e ci ha permesso comunque di amare. Anzi, forse dandocene più possibilità che in altri anni. Riconoscere il tempo come dono, attraverso il ringraziamento, significa riconoscere il Donatore.

Noi spesso assomigliamo a bambini cui si fa un regalo e scartano subito il pacchetto per vedere che cosa c’è dentro e poi si lasciano prendere dall’entusiasmo e dalla gioia per il gioco molto gradito ricevuto dimenticandosi di dire grazie a chi lo ha loro donato. O, se volete un’altra immagine nota, che riprendo da sant’Agostino, noi siamo simili alla fidanzata che riceve in regalo dal promesso sposo uno splendido anello di fidanzamento e si innamora di questo, dimenticando colui che glielo ha regalato come segno del suo amore. Ringraziare vuole dire invece alzare lo sguardo dal dono e riconoscere l’Amato che ce lo ha donato. Perché ciò che conta alla fine non è il tempo che passa, più o meno in modo soddisfacente, ma Colui che non passa e che è la vera meta della nostra vita.

Un Dio che non si è limitato a regalarci il tempo, ma vi è entrato. Dio è entrato nella storia, è divenuto bambino, adolescente, giovane, uomo. Anche Lui ha imparato a contare i giorni, i mesi e gli anni. Anche Lui si è inserito nella dinamica, talvolta bella ed entusiasmante, più spesso faticosa e logorante dei nostri giorni umani. Il nostro tempo è salvato perché duemila anni fa Dio vi è entrato facendosi uomo e lo ha fatto diventare suo tempo.

Stiamo contemplando questo mistero in questi giorni natalizi. Oggi con gli occhi dei pastori, come ci racconta il Vangelo di Luca. E con il cuore di Maria Madre di Dio. Quei pastori ai quali l’angelo non ha dato altro segno che quello inaspettato e disarmante di un neonato. Eppure quel Bambino, nato da donna nella pienezza del tempo – come ci ha ricordato Paolo nella seconda lettura – è il Signore del tempo e della storia, è il Re dell’universo. Proprio quel piccolo Bambino adagiato nella mangiatoia. Contemplare il Signore del tempo divenuto parte del nostro tempo ci dà la certezza che nessun giorno della nostra vita e dell’intera storia dell’umanità è privo di significato, è buttato. Perché dentro il tempo dell’umanità c’è ormai per sempre Dio.

Comprendiamo allora che la benedizione riportata nella prima lettura e che domani risuonerà in modo particolare sul nuovo anno, non è un semplice augurio, ma una parola potente, che comunque si realizza e si realizzerà nel 2022. Perché è la benedizione non di un Dio lontano, ma di un Dio che si è fatto uomo, tempo, storia. Dobbiamo ringraziare allora il Signore con fiducia e gioia questa sera per l’anno trascorso, un anno che vogliamo fare nostro, un anno in cui vogliamo comunque riconoscere i moltissimi segni dell’amore di Dio, un anno che consideriamo come annum Domini: questo ci porta a iniziare domani con fiducia il nuovo anno.

Vorrei fare un’ultima annotazione. Stasera cantiamo il Te Deum di ringraziamento. Ma se avete la pazienza di leggere con attenzione il testo di questo inno, vi accorgerete che non dice alcun grazie, non parla di alcun ringraziamento. È invece un canto di lode di Dio, di acclamazione della sua gloria e della sua santità, di adorazione. In particolare oggetto della lode, con il Padre e lo Spirito Santo, è Cristo “re della gloria” che è nato dalla Vergine Maria per la nostra salvezza, ha vinto la morte, ci ha aperto le porte del regno dei cieli, giudicherà il mondo alla fine dei tempi.

Con questo canto non ringraziamo allora il Signore per i doni che ci ha fatto quest’anno? In realtà lo ringraziamo perché Dio è Dio e ci ha salvati mandando suo Figlio nella nostra umanità. Ciò che nell’anno che si sta chiudendo è stato decisivo, al di là di tutto e dentro ogni vicenda, è il fatto che Dio è Dio e che si è preso cura di noi salvandoci in Cristo e donandoci il suo Spirito. È ciò che alla fine conta, è ciò che celebriamo in ogni Eucaristia anche in quella che stiamo ora vivendo, e per questo con ragione e con gioia anche stasera, ultimo giorno dell’anno, canteremo il nostro Te Deum.

+ vescovo Carlo