Un custode nel presepe
Messaggio natalizio del vescovo Carlo - Natale 2020

All’inizio dell’Avvento avevo invitato a non rinunciare anche quest’anno a fare il presepe e so che molti lo hanno fatto. Anch’io ho preparato un presepe. Qualcuno di voi lo avranno senz’altro notato vedendo i video sulle Parole dell’Avvento. E’ stato facile. Un bellissimo presepe africano con poche statuine di ebano: Maria, Giuseppe, il Bambino, due pastori e una pecora. I magi ci sono, ma li ho per ora nascosti dietro un volume della libreria che si vede sullo sfondo dei video (voglio ricordare il nome dell’artista: Nsunda Timothee di Kinshasa – Zaire). Il Natale che stiamo per vivere è del tutto inedito, caratterizzato da un clima di apprensione, di preoccupazione, di destabilizzazione, con tanti malati e tanti decessi in Italia e nel mondo. Non è però venuta meno la voglia di salvare un minimo di poesia, di affetti familiari, di calda intimità.

In realtà è inedito il contesto, ma non il Natale. Natale è sempre lo stesso: è la celebrazione della nascita di Gesù, del Verbo che si è fatto carne in mezzo a noi. E resta in mezzo a noi. Una Presenza. C’è una bellissima citazione di Cicely Sanders (la dottoressa inglese che ha “inventato” gli hospices) nel recente documento vaticano sulla cura dei malati terminali Samaritanus bonus: «la risposta cristiana al mistero della morte e della sofferenza non è una spiegazione, ma una Presenza». Una Presenza che ha preso carne a Betlemme e non ci ha più abbandonato.

C’è qualcuno che ha avuto il compito di custodire quella Presenza e che è stato a sua volta una presenza. Un uomo di cui i Vangeli non hanno riportato neppure una parola: Giuseppe. Anche nel presepe c’è, ma è quasi come se non ci fosse. L’attenzione va, infatti, al Bambino, a Maria, gli angeli, ai pastori, alla stella, alle tante figure che animano il panorama umano attorno alla stalla di Betlemme (e spesso sono delle bellissime statuine movibili): la donna che porta un cesto, quell’altra che lava alla fonte, il fabbro che picchia con il martello sull’incudine, il mugnaio che lavora al mulino, ecc.). Giuseppe è praticamente ignorato. Ma lui è il custode a nome di Colui che è il “custode di Israele”, è l’ombra del Padre, come afferma il titolo di un famoso romanzo a lui dedicato, che anche papa Francesco cita nella sua recente lettera dedicata proprio al falegname di Nazaret: Patris corde – Con cuore di padre. Anche in questo caso tocca a papa Francesco aprire strade nuove, riproponendo alla Chiesa di oggi una specifica e rinnovata attenzione a san Giuseppe. Lo fa in questo momento di pandemia vedendo nello sposo di Maria qualcuno molto vicino alle «persone comuni – solitamente dimenticate – che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né nelle grandi passerelle dell’ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia» quali i medici, gli infermieri, il personale sanitario, le forze dell’ordine, i volontari delle varie istituzioni, gli addetti ai servizi essenziali, eccetera.

Giuseppe ha l’incarico di custodire Gesù e Maria, ma continua ora il suo compito di custode della Chiesa, in particolare – ricorda papa Francesco – di coloro in cui Gesù si è identificato: «ogni bisognoso, ogni povero, ogni sofferente, ogni moribondo, ogni forestiero, ogni carcerato, ogni malato sono “il Bambino” che Giuseppe continua a custodire. Ecco perché San Giuseppe è invocato come protettore dei miseri, dei bisognosi, degli esuli, degli afflitti, dei poveri, dei moribondi».

San Giuseppe custodisce ciascuno di noi in questo difficile periodo. Ma noi a nostra volta siamo chiamati a custodire gli altri, soprattutto chi è più bisognoso e solo. Custodi perché custoditi, capaci di amare perché amati.

Guardando il presepe in questo Natale, fermiamo allora il nostro sguardo su Giuseppe, sentiamoci custoditi da lui e impariamo da lui a vivere il medesimo servizio e la stessa responsabilità.

Affidiamoci a lui con quella bellissima preghiera che papa Francesco recita ogni giorno da decenni: «Glorioso Patriarca San Giuseppe, il cui potere sa rendere possibili le cose impossibili, vieni in mio aiuto in questi momenti di angoscia e difficoltà. Prendi sotto la tua protezione le situazioni tanto gravi e difficili che ti affido, affinché abbiano una felice soluzione. Mio amato Padre, tutta la mia fiducia è riposta in te. Che non si dica che ti abbia invocato invano, e poiché tu puoi tutto presso Gesù e Maria, mostrami chela tua bontà è grande quanto il tuo potere. Amen».

Auguri. Buona Natale. Bon Nadâl. Vesel Božič.

+ Carlo Roberto Maria Redaelli, arcivescovo di Gorizia

24-12-2020