Don Renzo Boscarol: bisiaco e ronchese ma cittadino del mondo
Omelia nelle esequie di don Lorenzo Boscarol
13-03-2021

«Venite, ritorniamo al Signore:

egli ci ha straziato ed egli ci guarirà.

Egli ci ha percosso ed egli ci fascerà.

Dopo due giorni ci ridarà la vita

e il terzo ci farà rialzare,

e noi vivremo alla sua presenza».

Si sono svolte sabato 13 marzo 2021 nella chiesa di San Lorenzo a Ronchi le esequie di don Lorenzo Boscarol. Il rito è stato presieduto dal vescovo Carlo che ha pronunciato la seguente omelia.

Sono le parole con cui inizia la prima lettura di oggi. Parole del profeta che dicono tutto il nostro dolore e il nostro smarrimento in questa celebrazione esequiale in cui vogliamo affidare al Signore questo nostro sacerdote, don Lorenzo Boscarol. Parole, però, che affermano anche tutta la nostra fiducia nel Signore. Lui è il Signore della vita. La sua Pasqua è e sarà la nostra Pasqua. Lui vuole che tutti viviamo per sempre alla sua presenza. E questa celebrazione afferma tutta la nostra convinzione di fede, tutta la nostra speranza che don Renzo sia ora alla presenza di Dio, anzi nelle braccia misericordiose e piene di affetto del Padre.

Una fede e una speranza che diventa anche preghiera perché il Signore accolga e purifichi tutto l’amore che don Lorenzo ha vissuto nei lunghi anni del ministero e durante tutta la sua vita. Il nostro amore, infatti – dobbiamo riconoscerlo con umiltà – è sempre molto fragile e spesso, nonostante il nostro impegno, è – secondo le parole del profeta – «come una nube del mattino, come rugiada che all’alba svanisce». Ma il Signore non lo fa svanire, Lui che ci ha ho promesso che anche solo un bicchier d’acqua dato per amore avrà la sua ricompensa.

Certamente don Renzo è una persona che ha amato. Un amore vero e appassionato per la sua Ronchi, per la sua comunità, per la nostra Chiesa diocesana, per la scuola, per l’Azione Cattolica, per il mondo delle comunicazioni, per questo territorio di confine e la sua vocazione europea, per le realtà della società, della politica, del lavoro. Quanti interessi e quanto impegno profuso con intelligenza e dedizione. Di tutto questo dobbiamo ringraziarlo e ringraziare il Signore. Deve farlo soprattutto chi ha ricevuto qualcosa da don Renzo in uno dei molteplici campi di attività dove si è impegnato. E penso che tutti noi – sia chi è qui presente, sia chi ci sta seguendo da lontano anche solo con una partecipazione interiore – siamo debitori verso questo sacerdote «bisiaco e ronchese ma cittadino del mondo», come si è definito nel testamento.

Un uomo, don Lorenzo, un prete che ha avuto molti doni da parte del Signore e ha saputo coltivarli in tutta la sua vita e in ogni stagione. Come ricordavo qualche giorno fa al Consiglio presbiterale della diocesi, sicuramente un momento particolarmente felice vissuto in modo appassionato da don Renzo è stato quello del post-concilio. Lui del resto era diventato sacerdote proprio a tre anni dalla chiusura del Concilio Vaticano II. Un tempo per la Chiesa, ma anche per il mondo, di rinnovamento, di apertura, di grandi speranze. Una stagione seguita però da altre meno brillanti e promettenti, fino ad arrivare al momento così faticoso che oggi ci è dato da vivere.

Don Renzo, però, non si è chiuso nella nostalgia di un periodo storico che progressivamente si allontanava nel tempo, ma pur ricordandolo sempre, ha saputo vivere l’oggi con molto realismo, cercando di trasmettere alle nuove generazioni la passione per la Chiesa e per il mondo che aveva caratterizzato la sua giovinezza. Anche vedendo proprio nell’oggi della Chiesa alcuni segni di ripresa del percorso conciliare. Così scrive nel suo testamento, datato dicembre 2020: «Prima di spegnere gli occhi sulla terra, in tanti abbiamo la grazia di un “rilancio” proprio dello spirito del Concilio e, soprattutto, di un ritorno al Vangelo, annunciato da tanti profeti e testimoni – fra le persone semplici ed i profeti – che ho avuto la grazia di incontrare. Hanno parlato, tutti, alla luce dell’unico Maestro, senza impancarsi ad esserlo ma dimostrandosi discepoli fedeli e testimoni credibili, sempre pagando di persona».

Dicevo che don Lorenzo è stato un uomo dalle molte qualità e dai molti interessi. Per chi è così dotato non è facile vivere l’atteggiamento di umiltà che ci viene presentato dalla figura del pubblicano della parabola che Gesù ci ha raccontato quest’oggi. C’è un modo per non sentirsi migliori degli altri e per non assumere l’atteggiamento del fariseo ed è quello di riconoscere tutto quello che si è e si ha come un dono e di ridonarlo a propria volta. Mi pare che don Renzo abbia tentato di vivere così. Sempre nel suo testamento a un certo punto parla proprio dell’umiltà e aggiunge un’altra modalità per viverla: l’ascolto degli altri, l’imparare dalla loro testimonianza. «Ho tentato di vivere l’umiltà ipocrisie – sono le sue parole – ed il dovere di apprendere dalla fede e dalla vita di altri la direzione verso cui orientare il proprio ministero, spesso in opposizione a false sicurezze dimostratesi. Desidero testimoniare di essere stato consolato dalla Parola di Dio e dall’esempio fermo di tanti fratelli e sorelle e vado verso la luce nella certezza di cogliere il segno e di trovare quella pienezza per la quale siamo creati e che ci è donato, senza merito che di averla cercata ed indicata».

Stiamo vivendo un periodo difficile che ci mette a dura prova, caratterizzato dalla pandemia che ha travolto anche don Renzo insieme a tante altre persone. Un periodo che già era caratterizzato da incertezze e difficoltà a tutti i livelli, che ora sembrano solo aumentare. Il Signore però c’è e ci aiuta a non arrenderci. I momenti di crisi – su cui non si può fare troppa poesia – sono però anche tempi fecondi, della fecondità del seme gettato e nascosto, che solo a occhi molto attenti, mostra di iniziare a germogliare. Don Lorenzo era un uomo e un sacerdote che aveva questi occhi.

Sicuramente ora, mentre noi preghiamo per lui perché sia accolto nella pienezza dell’amore del Signore, anche lui sta pregando per noi, perché non venga meno questa capacità di sperare e di vedere il Regno di Dio che germoglia. Quel regno di giustizia, di vita e di pace per il quale don Renzo si è speso, vivendo «il Vangelo – sono ancora le sue parole – come ministero, niente di più, niente di meno di questo».

+ vescovo Carlo