Mons. Dino DeAntoni: una presenza da "fratello maggiore"
Omelia nella messa di suffragio in cattedrale nel secondo anniversario della morte di mons. DeAntoni
21-03-2021

Monsignor Dino DeAntoni, nel secondo anniversario della morte, è stato ricordato con una liturgia di suffragio in cattedrale presiedurta dal vescovo Carlo domenica 21 marzo 2021.

Vogliamo questa sera ricordare mons. Dino De Antoni, nel secondo anniversario della sua morte. Un ricordo nella fede nel Signore risorto pieno di riconoscenza per quanto abbiamo ricevuto tramite l’azione pastorale di mons. Dino. Ma anche un ricordo che si fa preghiera: preghiera per lui e, ne siamo sicuri, anche preghiera da parte sua, ora che continua a seguirci e a volerci bene mentre contempla il volto pieno di misericordia di Dio.

Mons. De Antoni è diventato pastore della nostra Chiesa in un momento promettente per il mondo e per la stessa Chiesa. L’anno duemila – lo ricorderanno in molti – con l’inizio di un nuovo millennio era atteso come un evento carico di speranza. L’intero pontificato di papa Giovanni Paolo si era indirizzato a preparare l’intera Chiesa a celebrare il grande giubileo del Duemila. Ricordo, a titolo di esempio, la ripetuta richiesta di perdono per le molte infedeltà della Chiesa; l’avvicinamento tra le varie religioni per un impegno comune a favore dell’umanità, nel nome della fede in Dio; il grande rilievo dato ai giovani con l’indimenticabile giornata mondiale della gioventù del 2000.

Anche la nostra Chiesa viveva allora una stagione promettente, con la recente celebrazione del sinodo diocesano e poi il successivo percorso verso il secondo convegno ecclesiale di Aquileia condiviso con le altre Chiese del Triveneto. La diocesi aveva ancora un numero significativo di sacerdoti e una certa presenza di seminaristi: mons. Dino avrà la gioia di ordinare nove sacerdoti per la nostra Chiesa.

A vent’anni di distanza e in piena pandemia, sappiamo come l’avvio del nuovo millennio fin dall’inizio non pare avere corrisposto alle attese positive. L’emergere del terrorismo, l’instabilità internazionale, la grave crisi economica scoppiata nel 2008 e protrattasi negli anni seguenti sono stati tutti segnali di difficoltà per il cammino dell’umanità. Anche la Chiesa ha vissuto gravi difficoltà a livello generale – persino un papa ha ritenuto opportuno rinunciare al proprio incarico – e in particolare in occidente (compresa l’Italia) con l’espandersi della secolarizzazione, il calo delle presenze, l’invecchiamento e la riduzione del clero, il venir meno di molte realtà religiose, la fatica a trovare un percorso nuovo di maggior fedeltà al Vangelo. Ovviamente anche la nostra Chiesa ha vissuto e vive queste difficoltà.

Non sono mancate, né mancano certamente anche realtà positive sia nel cammino della società – mondiale, europea e italiana –, sia in quello della Chiesa. Negli anni di mons. Dino e tuttora, la Chiesa di Gorizia ha comunque continuato a cercare di vivere il Vangelo, di crescere nella comunione, di prendersi cura dei poveri e dei bisognosi, di offrire cammini educativi alle nuove generazioni. Insomma, ha cercato e cerca di vivere come comunità ecclesiale, fondata sulla fede, la speranza e la carità.

Non è ancora questo il tempo per fare un bilancio degli anni in cui mons. De Antoni è stato il nostro Vescovo. Possiamo però riconoscere che anche nelle diverse difficoltà lo è stato con molto cuore, molta attenzione alle persone, molta fiducia, molta serena pazienza. E che con queste caratteristiche ha continuato a seguirci e a stare in mezzo a noi anche negli anni successivi alla conclusione del suo mandato fino alla sua morte. Una sua presenza che verso di me è stata molto fraterna, cordiale e discreta – potremmo dire da “fratello maggiore” – e di questo gli sono personalmente molto riconoscente.

Al di là dei ricordi, però, vorrei soffermarmi un momento sulle letture di oggi, perché come sempre la Parola di Dio ci offre la giusta chiave per interpretare ciò che stiamo vivendo. Mi sembra che il tema principale, che collegherei con la persona di mons. Dino, è la conoscenza di Dio, di Gesù. Ne parla già la prima lettura, tratta dal profeta Geremia, dove la conoscenza di Dio è legata all’alleanza. Un’alleanza non più incisa su tavole di pietra, ma iscritta nei cuori delle persone. Una alleanza che manifesta Dio come misericordia: proprio nel perdono ricevuto da Lui, si può avere la vera conoscenza del suo essere.

Il brano di Vangelo mette poi al centro la domanda su Gesù. Presenta, infatti, dei greci, venuti a Gerusalemme per la festa – quindi vicini alla fede nel Dio della Bibbia – che chiedono a Filippo e ad Andrea: «vogliamo vedere Gesù». E’ sorprendente il fatto che Gesù non sembra prendere per nulla in considerazione la loro richiesta e sembra parlare d’altro. In realtà, Gesù sta rispondendo al desiderio dei Greci parlando di sé e rivelando quale sia la strada per conoscerlo davvero. Parla di se stesso usando un’immagine molto significativa: quella del seme che muore per portare frutto. La morte è un passaggio necessario perché il chicco di grano produca molto frutto. Altrimenti rimane solo e improduttivo. Ma la morte è solo la manifestazione di qualcosa di più profondo e cioè del dono di sé, dell’amore. Gesù lo specifica subito: «Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna».

Gesù ha sperimentato questo per sé e lo propone ai suoi discepoli, anche a noi. Non ci sta chiedendo di andare contro noi stessi. Noi siamo stati creati per essere figli di Dio, per essere sua immagine e somiglianza. Lui è amore, se amiamo, allora gli assomigliamo e ci realizziamo. La strada è quella di seguirlo e di servirlo: «Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà». Per conoscere davvero Gesù non c’è allora altro mezzo che seguirlo e servirlo, condividendo la sua stessa decisione di amore.

Penso che siate d’accordo con me nel riconoscere che questa sia stata la scelta di mons. Dino, che ha guidato tutta la sua vita, il suo ministero sacerdotale ed episcopale. Una scelta non facile perché porta alla croce e anche a momenti di grande turbamento come quelli vissuti dallo stesso Gesù: ce lo ricorda il brano di Vangelo e ancora di più la seconda lettura che, rifacendosi all’esperienza del Getsemani, parla di «forti grida e lacrime». Anche a mons. Dino, come a tutti, non sono stati risparmiati momenti di prova, di fatica, di delusione, di turbamento. Sappiamo però che li ha superati con la fiducia nel Signore. E certamente il modo con cui ha affrontato la malattia che lo ha condotto alla morte ha offerto a tutti noi un grande esempio di fede.

Continuando questa Eucaristia, ringraziamo quindi il Signore per il dono che ha fatto alla nostra Chiesa di questo pastore e gli chiediamo di vivere ciò che mons. Dino ci ha insegnato con la sua parola e soprattutto con la sua testimonianza di fedeltà al Vangelo.

+ vescovo Carlo